Lo Zibaldino, de Giovanni Guareschi

Questa notte sono venuti a riprendere Giacomino. Erano ormai due mesi che Giacomino stava con me e mi ci ero affezionato. Giacomino ora non mi sorriderà più, seduto sul carrello della mia macchina da scrivere, ma io sono contento lo stesso.

Lecture par Valentina Iuvara
Durée: 3 min.

Questa notte sono venuti a riprendere Giacomino. Erano ormai due mesi che Giacomino stava con me e mi ci ero affezionato. Giacomino ora non mi sorriderà più, seduto sul carrello della mia macchina da scrivere, ma io sono contento lo stesso.

È una storia vecchia di due mesi, dunque.

La mezzanotte era passata da parecchio e io continuavo a raccontare le mie piccole vicende alla macchina da scrivere che poi le raccontava in blu al foglio bianco.

Mi parve, a un tratto, di sentire un fruscio d’ali fuori del balcone e interruppi il mio lavoro.

Effettivamente era un fruscio d’ali. Forse un piccione sperduto.

Nella mia lontana giovinezza, andavo a cogliere di notte gli usignoli nel loro nido, e gli usignoli – dicono – dormono con gli occhi aperti. Spensi la luce, socchiusi con estrema cautela le imposte del balcone, allungai lentamente il braccio. Sentii due aluzze tiepide agitarsi tra le mie dita: doveva essere un tordo, più che un colombo.

Richiusi le imposte e riaccesi la luce.

Non era un tordo: era un bambinetto alto una spanna, con un camicino bianco che gli arrivava sui piedini, con la testolina ricciuta e con due aluzze sulle spalle.

Era molto spaventato, ma io lo accarezzai con dolcezza ed egli sorrise, guardandomi coi suoi occhietti neri e rotondi.

Gli dissi qualcosa, ma non mi rispose: non sapeva ancora parlare. Alzò il braccino e mi indicò la sveglia.

Lo feci sedere sul tavolo e gli misi davanti la sveglia. Cominciò a giocare e, ogni tanto, mi guardava e rideva mostrandomi due dentini piccoli come grani di riso.

Io allora feci notare al buon Dio che non era una buona cosa mandare in giro di notte delle anime così piccole, delle anime di bambini che non sanno ancora parlare.

Ma il buon Dio non mi rispose e io ripresi a pestare sulla macchina.

Il bambinello abbandonò la sveglia e guardò l’ordigno con enorme interessamento. Era un affarino alto una spanna, pesava quanto una noce: lo misi a sedere sul carrello della macchina e ripresi a scrivere. Si divertiva: quando sentiva suonare il campanello, mi guardava e rideva: aspettava col ditino alzato che suonasse il campanello.

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