L’isola di Arturo, de Elsa Morante

Extrait video et audio avec le texte en italien. Lecture par Filomena Oppido

Lecture par Filomena Oppido
Durée: 4:04 min.

Re e stella del cielo.

Uno dei miei primi vanti era stato il mio nome. Avevo presto imparato (fu lui, mi sembra, il primo a informarmene), che Arturo è una stella: la luce piú rapida e radiosa della figura di Boote, nel cielo boreale! E che inoltre questo nome fu portato pure da un re dell’antichità, comandante a una schiera di fedeli: i quali erano tutti eroi, come il loro re stesso, e dal loro re trattati alla pari, come fratelli.

Purtroppo, venni poi a sapere che questo celebre Arturo re di Bretagna non era storia certa, soltanto leggenda; e dunque, lo lasciai da parte per altri re piú storici (secondo me, le leggende erano cose puerili). Ma un altro motivo, tuttavia, bastava lo stesso a dare, per me, un valore araldico al nome Arturo: e cioè, che a destinarmi questo nome (pur ignorandone, credo, i simboli titolati), era stata, cosí seppi, mia madre. La quale, in se stessa, non era altro ch    e una femminella analfabeta; ma piú che una sovrana, per me.

Di lei, in realtà, io ho sempre saputo poco, quasi niente: giacché essa è morta, all’età di nemmeno diciotto anni, nel momento stesso che io, suo primogenito, nascevo. E la sola immagine sua ch’io abbia mai conosciuta è stata un suo ritratto su cartolina. Figurina stinta, mediocre, e quasi larvale; ma adorazione fantastica di tutta la mia fanciullezza.

Il povero fotografo ambulante, cui si deve quest’unica sua immagine, l’ha ritratta ai primi mesi della sua gravidanza. Il suo corpo, pure fra le pieghe della veste ampia, lascia già riconoscere ch’è incinta; ed essa tiene le due manine intrecciate davanti, come per nascondersi, in una posa di timidezza e di pudore. È molto seria, e nei suoi occhi neri non si legge soltanto la sottomissione, ch’è solita in quasi tutte le nostre ragazze e sposette di paese; ma un’interrogazione stupefatta e lievemente spaurita. Come se, fra le comuni illusioni della maternità, essa già sospettasse il suo destino di morte, e d’ignoranza eterna.

L’isola.

Le isole del nostro arcipelago, laggiú, sul mare napoletano, sono tutte belle.

Le loro terre sono per grande parte di origine vulcanica; e, specialmente in vicinanza degli antichi crateri, vi nascono migliaia di fiori spontanei, di cui non rividi mai piú i simili sul continente. In primavera, le colline si coprono di ginestre: riconosci il loro odore selvatico e carezzevole, appena ti avvicini ai nostri porti, viaggiando sul mare nel mese di giugno.

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